La fotografia ‘impoverita’

Ovvero, quanto è importante una cultura fotografica adeguata, anche per l’utente medio

Per molti ambiti espressivi, non necessariamente solo artistici, chi ne gode, osservatori, ascoltatori, spettatori, ha dalla propria una preparazione, per quanto minima, che gli permette di essere critico rispetto a ciò cui sta assistendo.


Se guardo il film x mi riesco ad accorgere se assomiglia o meno a qualcosa che è già stato fatto. Idem per musica, libri e quasi qualsiasi altro ambito culturale.
In fotografia questo accade molto ma molto meno.


Gli osservatori quasi mai riescono a dire, ‘per questa foto il fotografo si è ispirato a tizio’, o ‘ha copiato caio’ o, più semplicemente, ‘questa foto assomigli ad una di…’. Eccezion fatta, spesso ma non sempre, per i professionisti del settore.


Questi per principio dovrebbero essere in grado di riconoscere uno scopiazzamento da un omaggio o da una riedizione.
Perché questo avviene poco in fotografia? La massificazione del mezzo ha eliminato la cultura e la preparazione? Eppure internet dovrebbe rendere semplice il documentarsi così come il prepararsi.


Invece sembra un aspetto che, al di là dei soliti nomi noti, non ha alcuna attrattiva neppure sugli amatori.
La querelle si potrebbe paragonare al dibattito tra figurativisti e non. Tra chi ama il periodo cubista di Picasso e chi, invece, dice che non si capisce nulla perché non ha la chiave di lettura adeguata per poter comprendere.


Esiste una linea conduttrice che può, almeno in parte, riuscire a sedare il dibattito? Secondo me si, ed è lo shock.
Sia in reportagistica sia in pubblicità , sia in cronaca che in arte, l’importante è creare qualcosa che tocchi le coscienze, che emozioni. Se questo accadrà, si sarà fatto un buon lavoro. Diversamente si dovrà continuare a cercare e proporre.


Per la fotografia, essendo un libero metodo espressivo, non c’è lo scatto assoluto, il paradigma perfetto. C’è, tuttavia, una distinzione. Per molti ma non per tutti. In pochi, infatti, hanno una cultura fotografica sufficiente per permettergli di poter distinguere una foto ‘parlante’ da una muta, di poter fare una netta distinzione tra immagini delle vacanze, esteticamente perfette, e una fotografia.


La preparazione e lo studio, come in ogni settore e campo, servono sempre. A patto che non siano fini a se stressi e non facciano da substrato per discorsi vuoti che fungono da giustificazione anche per le inutilità.
Come spesso accade, la via migliore sta nel mezzo.

La foto dovrebbe essere non banale da essere come l’acqua e, quindi, piacere a tutti, ma neppure così arzigogolata da non riuscire a trasmettere nulla.
Il quanto si riesce ad andare a fondo nella lettura e nell’emozione dipende anche dalla propria sensibilità e preparazione, appunto.

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