Padre Nicasio, una guida per Ondjiva

A sirene spiegate e con la scorta della polizia sempre presente si arriva in quel di Ondjiva poco dopo il tramonto, nuova missione. Qui ad attendere c’è padre Nicasio, angolano ma con un’ottima parlata italiana a seguito degli studi effettuati a Roma.

La sistemazione per la notte è all’interno delle aule scolastiche che essendo sabato non verranno utilizzate per un paio di giorni.

La missione ha una superficie piuttosto ampia che oltre alla chiesa ed alle aule comprende la casa dei sacerdoti, dormitori per bambini orfani o che abitano troppo lontano per fare i pendolari scolastici, suddivisi in maschili e femminili, un area rurale con due case tipiche, gli alloggi per le suore.

Separati da un recinto di rete, per non permettere agli animali di devastarli, campi con diversi tipi di coltivazione. A chiudere un bacino per la raccolta dell’acqua.

Tolta la casa dei sacerdoti e pochi altri edifici in tutta la missione non c’è corrente elettrica, non c’è acqua. Per i servizi igienici sono stati predisposti dei grandi bidoni con annessi secchi.

La polizia non si assenta un solo momento. Per il turno di notte è stato assegnano un agente armato che tiene sotto controllo l’area dove si dorme. Un grosso spiazzo rettangolare senza illuminazione. Sul lato destro e frontale sono concentrate le aule.

Su quello sinistro i servizi igienici. Il versante di ingresso, definito da un basso muro, è privo di costruzioni, eccezion fatta per una sorta di gazebo in muratura di piccole dimensioni.

Padre Nicasio spiega che il contingente è arrivato in un momento particolare. L’indomani infatti sarebbero stati ordinati tre nuovi sacerdoti, avvenimento non raro ma che richiama sempre molte persone. La cerimonia di ordinazione si rivela essere una perfetta unione tra rito cattolico e abitudini locali.

Allo stesso modo si dimostra le vita all’interno della missione dove accanto alla celebrazione religiosa è stato organizzata, la sera dell’arrivo delle moto, una festa in piena tradizione. Dopo la cerimonia padre Nicasio, assieme al vescovo Pio HipunHati, appositamente accorso, spiega le attività e evidenzia le criticità della missione.

La principale proposta missionaria è quella educativa, scolastica. Ma non solo. Vengono accolti e custoditi molti ragazzi orfani o in difficoltà. Tuttavia questo non basta, sottolinea il vescovo, mancando buona parte dei beni di prima necessità.

Elettricità e acqua a parte, non ci sono libri, quaderni, vestiti, e, soprattutto, non ci sono insegnanti. Questa mancanza caratterizza un po’ tutto il paese, spiega Nicasio, a causa della pessima politica governativa. Quello che si può fare nella missione lo si fa.

Soprattutto l’attenzione è rivolta alle persone e alla loro qualità della vita. Impegno preso in carico dai sacerdoti che animano la missione edal vescovo in prima persona.
Ondjiva viene lasciata alle spalle con molto su cui riflettere.

La nuova tappa sulla strada per Luanda è Baia Farta. Qui non ci sono missioni ma in ogni caso è il vescovo Willson ad assegnare una chiesa come dormitorio, sempre con la sorveglianza della polizia. Arrivare a Baia Farta non è compito semplice.

Se lo sterrato namibiano ha provato uomini e mezzi, quello angolano li ha piegati soprattutto perché dove non c’era terra battuta ci hanno pensato le voragini sull’asfalto a rallentare l’andatura.

Quasi dodici ore ci sono volute per raggiungere la nuova città. Anche in questo caso mancanza di acqua, reperibile solo da un pozzo. La partenza avviene con il sorgere del sole, davanti ci sono 580 chilometri di strade dissestate prima di arrivare a Luanda.

Le buche sull’asfalto sono vere e proprie voragini. Gioco forza l’arrivo nella capitale avviene con il buio. Mancanza di illuminazione, stanchezza e dissesti sempre più fitti hanno provocato il primo serio incidente fortunatamente senza conseguenze per il pilota.

Lo spagnolo Luis Gimeno ha centrato un buco sufficientemente profondo da riuscire a piegare il cerchione della ruota posteriore della sua Yamaha e compromettere i raggi di quella anteriore.

La bassa velocità ha fatto si che non cadesse e che neppure si accorgesse del danno fino a segnalazione da parte di Valter Magnifico che lo seguiva. Fortunatamente l’inconveniente è avvenuto a soli 70 chilometri dall’arrivo.

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