La polvere sotto il tappeto

Dopo anni di lavoro, un mutuo ed una casa, uno sfratto esecutivo da uno scantinato, due figli e un terzo in arrivo. Senza lavoro e senza prospettive. Ma l’importante è che non si sappia.

DALL’ARCHIVIO

Tra le strade della borghese Novara esistono storie difficili che non si riflettono nelle vetrine dei negozi del centro. Storie che si sviluppano negli scantinati di normali palazzi cittadini.

Come la storia di El Haibi Bouazza e della sua famiglia costretti a vivere in uno scantinato sub affittato ed ora sotto sfratto. I genitori, due figli più uno in arrivo. El Haibi fa l’ambulante, è il solo lavoro che ha trovato per tirare avanti. È in Italia da più di diedi anni per la maggior parte dei quali ha regolarmente lavorato.

Poi la sorte gli ha voltato le spalle. Ha perso il lavoro, ha perso la casa, ha perso tutto. Da allora ogni giorno è una lotta. Si sposta di città in città nella speranza di poter piazzare qualche scopa con cui provvedere alla famiglia.

Il suo è stato uno dei classici viaggi della speranza. Iniziato nel 1997, rischia di riassumersi in un tragico epilogo. Un viaggio che El Haibi Bouazza, ha intrapreso dal Marocco nell’ottica di poter offrire una vita migliore alla propria famiglia.

“Sono andato via dal Marocco – spiega – nel 1997. Arrivato a Novara trovai subito lavoro tanto da potermi permettere un mutuo e una casa”. Poi la situazione cambiò. “Persi il posto nel 2011 – prosegue –. Conseguenzialmente la casa perché non potevo più pagare il mutuo.

Da allora è come essere tornato in cammino. Rientrai in Marocco per un periodo, anche a seguito di problemi con la giustizia italiana. Nel 2012 decisi di tornare in Italia. Questa volta però non potevo farlo direttamente. Da solo andai fino in Turchia.

Qui presi un gommone per arrivare in Grecia. Purtroppo il motore si ruppe e quella che sarebbe dovuta essere una “comoda” traversata si trasformò in un’Odissea di 10 giorni. Dieci giorni in mare prima che mi soccorressero le autorità greche. Restai in Grecia quasi un mese tra un controllo e l’altro. Quello che maggiormente ricordo è la povertà di quella gente.

Ho visto situazioni davvero tragiche. Trascorsi circa 30 giorni, mi permisero di arrivare a Barcellona. Qui ce l’ho fatta grazie ad un signore di settant’anni che mi ha aiutato. Mi ha aiutato anche a pagare il viaggio su un pulmann per l’Italia”.

Da li a pochi mesi El Haibi fu raggiunto dalla moglie Adsaoui Elbouchtaouia. “Lei – prosegue – mi raggiunse in maniera regolare. Aveva un contratto di lavoro presso un parente. Poi però le cose non andarono come avrebbero dovuto. Questo zio si comportò molto male.

Mi raggiunse quindi a Novara. Da allora siamo in questa casa”. Oggi la situazione della famiglia El Haibi versa in condizioni disperate. Dopo un inverno trascorso a raccogliere indumenti dai City Angels, l’estate non si prospetta migliore. “Viviamo in una cantina. Non abbiamo un lavoro – sottolinea il giovane – io faccio l’ambulante.

Abbiamo una bambina di 13 mesi e una di 40 giorni e mia moglie è in cinta. Ingiunzione di sfratto esecutivo e nessun posto dove poter andare. Tornare in Marocco non se ne parla. Abbiamo rotto i rapporti con la nostra terra d’origine”.

Nonostante la famiglia si sia rivolta alle istituzioni non ha ricevuto buone risposte. “I servizi sociali – spiega la coppia – ci hanno detto che ci sono troppe persone da sistemare e non sanno cosa fare. Abbiamo parlato con tutti. Resta l’ultima speranza. Andare direttamente dal sindaco.

Vorremmo solo un’alternativa alla strada. Non vogliamo ne carità ne altro. Solo un tetto sotto cui poter far crescere i nostri figli”. Una speranza che se dovesse essere disattesa “mi porterebbe a gesti disperati – conclude El Haibi. Non so più dove sbattere la testa. Non voglio carità, voglio solo una possibilità”. Intanto la città prosegue nella propria routine ignara della situazione.

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