Lupen e il finto marmo di Rima San Giuseppe

Sono arrivato tardi. Lupen è riuscito a mettere a segno un piccolo colpo e a dileguarsi in men che non si dica. Come premio di consolazione ho l’ennesima riprova che l’intuito di Marie “Wikipedia” funziona molto bene. Sono io che dovrei muovermi più velocemente forse. Il ladruncolo non si è spostato di molto. Solo pochi chilometri ed è salito di quota. Quando arrivo ai 1417 metri di Rima San Giuseppe praticamente tutta l’amministrazione, tre persone, è raccolta all’ingresso del Museo della casa del marmo artificiale intenta ad analizzare l’accaduto. Ha scelto bene il posto Blog. Isolatissimo e unica destinazione possibile della sola strada di comunicazione che sale dalla valle. In questo caso non ha perso molto tempo ma si è diretto subito sull’obiettivo. Risalita la tortuosa via di comunicazione immersa nel parco naturale Alta valsesia ha lasciato la macchina all’ingresso del paese cui si può accedere solo a piedi a causa delle strettissime viuzze tipiche dei paesi di montagna, dirigendosi indisturbato verso la sua meta. Anche Rima villaggio fondato dai walser, origini di cui si trova traccia nelle case caratteristiche. Ad aver attirato l’attenzione del nostro saranno certamente stati il museo del finto marmo e la gipsoteca Delle Vedova. Anche se non capisco cosa abbia potuto portare via. Dalle ricerche nel museo non sono presenti pezzi particolarmente di valore e i pezzi esposti nella gipsoteca sono troppo ingombranti e pesanti per essere portati via da un uomo solo. A vederla ora, non fosse per la signorile villa che si staglia imponente all’ingresso del paese, mai si direbbe che Rima San Giuseppe, 57 residenti di cui solo uno presente nei mesi invernali, è stato il paese con il reddito procapite più alto d’Italia. Questo grazie alla fabbricazione del finto marmo e grazie all’opera di Pietro Axerio Piazza che riuscì ad esportare l’ingegno dei rimesi in Germania, Russia e Romania. Diverse sono le testimonianze tutt’oggi tangibili dell’abilità imprenditoriale di Piazza. A smentire la mia teoria del “nulla da portare via” ci ha pensato il responsabile del museo accorso appena saputa la notizia dell’effrazione. Con una sola rapidissima occhiata ha immediatamente individuato i pezzi mancanti. Un’opera, una sfera per la precisione, e diversi libri sulla realizzazione del marmo artificiale. La porta non è stata scardinata ma è stata abilmente aperta. Lupen ha messo in pratica quanto appreso a Carcoforo. Dalla gipsoteca Villa invece, come buon senso suggerisce, non è stato portato via nulla. Anche perché l’edificio che la contiene è immerso in un suggestivo bosco attraversato da un sentiero di roccia e unito al corpo del paese da un ponte di legno. Impossibile spostare qualunque cosa. All’interno sono contenute copie ed originali di molte statue presenti in diverse città del Piemonte, in particolar modi di Torino. Sculture che superano i due metri di altezza e raggiungono un peso di tutto rispetto. Assolutamente inamovibili. In ogni caso Blog gli ha dato un’occhiata. La porta d’ingresso è stata trovata aperta senza segni di scasso. Per non dare nell’occhio e non fornire possibilità di riconoscimento Lupen ha evitato il solo albergo di Rima di proprietà della signora Antonietta, sorella della signora Maria di Carcoforo. Messo a segno il colpo avrà certo sogghignato nell’attraversare piazza Pigalle, suggestiva piazzetta interna e unico ampio spazio tolta il sagrato della chiesa.

Per farla breve quel maledetto accattone mi ha beffato, pur se di poco. Ma non sono uno che si perde d’animo. Mi fermerò nella pace di queste montagne per vedere dove muovere i miei passi nel tentativo di anticipare quelli di Lupen o almeno stargli alla pari.

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