Edenvale, Lucy Hyams dal 1967 per gli ultimi tra gli ultimi

Superato il confine tra Botwsana e Sud Africa, tolti i paesaggi, si assite ad un drastico cambiamento. Le strade diventano regolarmente asfaltate e si presenta il primo traffico urbano. Ancora maggiore è l’impatto con Pretoria e il ritorno alla ‘civiltà’. Austostrade, auto in coda, clacson, smog accolgono la carovana che arriva dalla periferia della città dove è ancora visibile l’impatto dell’apartheid. Nella seconda capitale sudafricana gli impegni sono quasi esclusivamente istituzionali. Meeting con la forze dell’ordine locali, visita all’ambasciata dove viene spiegato come quelli che erano i quartieri per i neri oggi sono divenuti roccaforti per i bianchi. Fortificazioni recintate da mura e filo elettrificato con guardia armata al cancello principale e coprifuoco per le uscite. Non molto diversa la situazione per le strade. Un agente italiano sconsiglia fortemente di fermarsi del tutto agli incroci, anche con i semafori. Il rischio è quello di essere rapinati nel giro di qualche istante. Oltre alle isituzioni laiche gli appuntamenti sono anche con quelle religiose, Il vescovo di Pretoria William Slattery e il nunzio apostolico Peter Bryan Wells. Anche loro raccontano quanto è diffcile la situazione a causa della violenza e della situazione di instabilità generale. Le parrocchie locali fanno ciò che possono, ma si tratta di azioni differenti rispetto a quello documentate fino ad ora. Sono contesti urbani con difficoltà che in Europa si possono riscontrare nelle periferie delle grandi città.
Fatto fronte ai convenevoli il percorso prosegue verso Edenvale e il centro di Little Eden. A stringere la mano è Lucy Hyams, figlia della fondatrice della struttura, di origine italiana, che ha fondato il complesso nel 1967. Da allora, spiega Lucy, non ci siamo mai fermati. Prima i miei genitori e adesso io con mio marito. Questo centro ha sempre avuto lo scopo di raccogliere i soggetti più deboli tra i deboli, i disabili e offrire loro un posto in cui poter vivere, cure e supporto emotivo. Noi teniamo qui i nostri ospiti vita natural durante. E’ una scelta ben precisa anche se faticosa. In aiuto ci viene il governo offrendoci mensilmente il 30% del nostro fabbisogno. Il restante 70% lo vado a procacciare personalmente tutti i mesi. Fino ad ora, pur se con difficoltà crescente, ci sono riuscita. Ultimamente però sta diventando sempre più difficile. Ma non ci lasciamo scoraggiare.
All’interno della struttura, organizzata con spazi per la fisioterapia, alloggi e cucine, oltre a sale ricreative, sono ospitate circa 250 persone con le patologie più diverse. Quello che conta per loro, prosegue Lucy, è il contatto umano, l’amore. Fuori di qui sarebbero persi se non morti o ridotti agli scemi del villaggio. Noi cerchiamio di restituirgli dignità umana.
Con ancora gli occhi degli ospiti impressi in mente la carovana si sposta più a sud respirando già aria di viaggio finito. Ed è così.
Davanti ora solo chilometri che riporteranno a città dal Capo e poi in Italia.

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